Pedagogia penitenziaria e della devianza

(Editore Carocci, Roma, 2004; prossima edizione aggiornata: maggio-giugno 2021)

Il libro affronta con un linguaggio tecnico, e al contempo gradevole, una serie di tematiche valorizzate altresì dall’esperienza professionale maturata dall’Autore, quale Educatore coordinatore (oggi Funzionario Giuridico Pedagogico) e Psicologo penitenziario. Tra gli argomenti sviluppati:

  • l’universo carcerario, con i suoi enigmi e con il fascino del luogo segreto, simbolo della trasgressione e della volontà di riscatto etico-sociale
  • l’analisi dei meccanismi inconsci dell’azione umana e del comportamento delittuoso
  • partendo dai contributi culturali della psicoanalisi, l’Autore espone la necessità d’integrare il modello comportamentale interazionista con quello finalistico-ermeneutico
  • i metodi psicopedagogici efficaci nel contesto carcerario
  • il ruolo dello psicologo delle tossicodipendenze e dello psicologo dell’équipe di osservazione e trattamento
  • le competenze e i requisiti culturali del funzionario giuridico pedagogico, anche nel contesto della relazione di aiuto
  • le funzioni degli Uffici dell’Esecuzione Penale Esterna, sia per quanto concerne la gestione delle misure alternative alla detenzione, sia per quanto riguarda le indagini socio-familiari finalizzate al trattamento penitenziario
  • le concezioni storiche della pena e dei vari paradigmi di giustizia: retributivo-punitivo, trattamentale-riabilitativo, conciliativo-riparativo
  • il complesso fenomeno della devianza minorile, nell’ottica psico-sociale e giuridica.

A chi si rivolge:

I destinatari del libro sono essenzialmente:

  • i candidati al concorso per n.210 posti di funzionario giuridico pedagogico
  • gli studiosi delle scienze psico-criminologiche, pedagogiche e sociali
  • gli operatori penitenziari che hanno a cuore l’autoformazione e l’aggiornamento professionale

Brani scelti dal libro

F. Saverio Fortuna: “L’educatore è depositario principale, seppure non esclusivo, del progetto di comunicazione con il detenuto”.

Gleen (5a elementare): da Lettera a un detenuto: “…quando sarai uscito ti sentirai come rinascere, ma se sei appena arrivato, aspetta con pazienza e alla fine sentirai questa sensazione di libertà. Se non uscirai molto presto, per consolarti ti dico che tanto sbagliare è umano”.

G. Kemeny: “Nella vita quotidiana noi cerchiamo forze motivanti per tutte le nostre azioni…siamo sempre lì ad affermare che cosa ci ha spinto ad agire nel modo in cui abbiamo agito”.

A.Mercatali: “l’educazione appartiene al dominio dell’arte: arte capace di orientare l’evoluzione di un individuo”.

B. Grasselli: “la pedagogia speciale è fondata sull’incontro con l’altro, sull’accettazione, sulla congruenza, sull’empatia”.

G.Sartarelli: “la pedagogia penitenziaria trova la sua identità strutturante nel momento in cui viene coniugata agli interventi relativi all’osservazione e al trattamento dei detenuti e degli internati”.

A. Parente: “la prigione innocenziana era un edificio concepito per farvi trascorrere un periodo d’isolamento coatto, con scopo emendativi e di medicina dell’anima”.

G. Vassalli: “carcere e rieducazione non sono termini facilmente conciliabili…certo è che chi avesse pensato originalmente ed essenzialmente la pena in funzione puramente rieducativa, non avrebbe mai fatto assurgere a pena fondamentale dell’ordinamento la pena carceraria”.

P. De Felice: “il carcere svolge una funzione di controllo della devianza, soprattutto delle categorie già fortemente emarginate”.

M. Di Rienzo: “la rieducazione va sostanziata di contenuti possibili e realistici perché non rimanga un punto del nostro immaginario di operatori penitenziari”.

V. Andreoli: “i giovani temono il vuoto e il silenzio: segni di solitudine e di morte”.

Kabir: “l’anfora risuona solo quando è vuota. Quando è ricolma, invece, è silenziosa”.

B. Bonvecchi: “Nei miei gruppi di Onirodramma bioenergetico faccio riferimento alla rappresentazione teatrica, proprio perché questa ha la stessa struttura del sogno”.

G. Sartarelli: “la comunicazione educativa si avvale della conoscenza della soggettività della persona detenuta”.

G.O. Gabbard: “almeno tre desideri possono concorrere ad un atto suicida: il desiderio di uccidere, il desiderio di essere ucciso, ed il desiderio di morire…”

G.Sartarelli: “il legame simbiotico conduce gli agenti di polizia penitenziaria a considerare i reclusi come la causa primaria della detenzione che anch’essi ritengono di subire”.

Contatti con l’Autore: info@giampierosartarelli.it

2002 Ed Aracne


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